martedì 6 novembre 2007

Questione di note

Dice bene mia sorella.
Alle volte, senza che lei ne sia consapevole, escono dalla sua bocca parole che per me sono grandi motti di saggezza e in genere ne prendo nota. Oggi, parlando come non facevamo più da tempo, ha detto
qualcosa che mi hanno colpito.
Diceva: "Tu sei tropo cerebrale Tà. Riflettere è importante. Ti aiuta a fare il punto, a chiarire le dinamiche interiori. Poi basta. Le parole vanno prese come quei numerini in un libro che stanno al fondo della pagina. Io per esempio, li salto a priori, non li leggo mai..."

Mi accorgo di aver perso molto tempo, da che Micahel è nato a leggermi le note noiose, invece dei primi fondamentali capitoli della nostra storia insieme. Capitoli che scorrono veloci come i titoli di coda di un film e che sto scrivendo inseme a lui, a volte con troppo poca consapevolezza del magico momento che sto vivendo.

E' stato un anno sereno questo. Nel complesso l'anno più spensierato che ho mai vissuto. Eppure un anno vissuto nella superficie, non nel profondo.
Fino a prima che Michael
nascesse mi sono sentita come galleggiare sul mare, a pancia in su, nella nota posizione del morto, immersa da un lato nell'acqua, dall'altro nell'azzurro del cielo e dei raggi del sole. Ero leggera e liberata da ogni preoccupazione. Da ogni inutile elucubrazione mentale.
Ora mi sembra di essere seduta al centro di un banco di nebbia. Da nessun lato riesco a vedere oltre. Sono seduta a gambe incrociate e attendo. A tratti mi viene l'ansia, ho paura, perché oltre alla nebbia scende anche il buio. Poi mi riprendo dall'ansia e dai timori. Ma mi sento comunque là, ferma e seduta ad attendere di vedere oltre la nebbia, consapevole del fatto che qualcosa si cela alla mia vista.

Il confronto con Micahel, soprattutto agli inizi del nostro rapporto, mi ha rivelato (una volta ancora) il peggio di me. In molti momenti mi sono guardata allo specchio e ho visto in me la madre che non avrei voluto mai essere e che ho temuto di diventare, quando mi dicevo in passato che sarebbe stato meglio per un figlio non nascere dal mio ventre.

Un bambino, infatti, prima di essere il miracolo che tutti decantano per una madre, prima che possa insorgere quella conapevolezza del magico dono e privilegio che l'essere madre rappresenta, si può rivelare il più grande fardello, la cui responsabilità a volte offusca gli aspetti più preziosi, gli attimi più belli di una fase della vita veloce quanto irripetibie, fondante e unica per entrambi.

Un bambino impone degli obblighi e delle rinunce, un impegno che non puoi decidere di non assumerti se un giorno ti alzi e vuoi solo startene un po' là, a tormentarti con le solite seghe mentali. Non a caso, credo, che la rinuncia più grande a cui ci si debba votare sia proprio quella delle seghe mentali, del giudizio verso se stessi e della frustrazione che ne consegue, per i propri fallimenti, i propri presunti insuccessi, per tutti i progetti accantonati, irrisolti, abbandonati, nel cassetto.
Solo quando questo impegno è accettato spassionatamente, senza remore, senza rimpianti, allora subentra la gioia di essere madre, di vedere le conquiste di quell'esserino così inconsapevole eppure così ammirevole per la sua tenacia, di osservare con la commozione nel cuore le sue manine muoversi, esercitarsi nella presa, nei nuovi gesti.

Mi accorgo, il più delle volte,di essere colma di frustrazione e rimpianto. Detesto il sacrificio. Sento ribollire nel profondo un vagito bestiale, un impulso disumano che sta agli antipodi di quell'istinto materno.
Molto dipende dall'essere sempre lì a rigirare la minestra delle mie colpe, dei miei rimpianti, delle mie dinamiche interiori. Di essere, come un tempo, nuovamente arroccata fra le fronde dei miei pensieri. Per giunta peggiori.
La mente, la mente che mai riposa.

Spero che la nebbia si dissolva presto. Che io possa tornare a vedere con chiarezza, con gli occhi del cuore. E che la mia mente, che esagera e che esaspera i momenti di stanchezza, se ne vada in pensione. Una volta per tutte, che molli la presa e la necessità del controllo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Amica mia, non sai che gioia immensa si può provare nel "leggerti", mi sembra passato un secolo...
sono cambiate decisamente moooolte cose in tutto questo tempo, altre sono rimaste uguali, ma l'emozione, il filo rosso, e soprattutto quel particolare ritmo cardiaco che le tue parole suscitano in me è rimasto immutato!
Felice di ritrovarti amica mia, felice di "ri-leggerti".
WELCOME BACK....

Angie ha detto...

...E assimilando i bordi di quel vagito bestiale, naturale, triviale, antico e zodiacale ti ricordo, semmai possa servire ad una parentesi di quiete in più, che la tua Venere taurina sta per essere omaggiata dai due grandi. E che essi stessi troveranno un trigono, portando a te un lumicino che, ne sono certa, ti darà la fissità di quella fiamma arietina che scalpita e non si capacita. Un forte abbraccio.